Il 511 Racing Team: un’intervista a tre per conoscere più da vicino il team sostenuto da Cartiera dell’Adda e icP

il 511 Racing Team sostenuto da Cartiera dell’Adda e icP

Due pilote e una team manager: un’intervista a tre per conoscere più da vicino il 511 Racing Team, sostenuto da Cartiera dell’Adda e icP, che ha uno staff tutto al femminile e gareggia anche nel campionato maschile.

Raccontateci un po’ di voi, come vi siete avvicinate a questo sport?

C’è qualcuno a cui dovete questa passione?

BEATRIZ Fin da piccola mi sono sempre piaciute molto le moto e grazie ai miei genitori ho potuto avvicinarmi a questo sport. Devo la mia passione alla mia famiglia, in particolare a mio padre.

SARAHo iniziato questo sport grazie a mio padre, grande appassionato di moto. Per la festa de “Los Reyos” (Epifania) mi hanno regalato una piccola moto da cross, così tutti i fine settimana ho iniziato a girare in moto insieme a mio padre.

VALENTINADa ex ciclista professionista la mia passione è sempre stato il ciclismo. L’interesse per l’Ingegneria e la meccanica mi hanno portata ad avvicinarmi al motorsport, e anche al movimento che genera intorno a sé.

Questa mia passione non la devo a nessuno in particolare. Il mio motto è “lo sport come stile di vita” ed è proprio per questo che pian piano la passione è maturata dentro di me, ma pur sempre di due ruote parliamo! C’è però da dire che, durante gli allenamenti in bici, si univa al mio gruppo qualche pilota. Infatti, è fondamentale per loro pedalare per mantenere la forma fisica stimolando anche l’equilibrio nella guida. Pian piano mi sono lasciata coinvolgere sui circuiti.

Quali sono le difficoltà che riscontrate in un ambiente che è molto al “maschile”?

BEATRIZ  Le difficoltà sono fisiche rispetto alle moto con più potenza.

SARA Non posso dire di aver vissuto una brutta esperienza, in pista mi sono sentita accolta e mi hanno sempre voluto tutti bene. C’è da dire che in questo mondo in quanto donna, devi sempre dimostrare un po’ di più per farti notare, ma non è stata sicuramente un’esperienza negativa.

VALENTINA La nascita di questo progetto all’interno di un settore ancora oggi per lo più caratterizzato da presenza maschile, è per noi una sfida. Fin dall’inizio abbiamo dovuto lavorare duramente e a testa bassa, eravamo convinte che sarebbe servito il lavoro di squadra e i primi risultati per poter affermare l’esistenza di un team al femminile che può coesistere in questo mondo.

Quando avete deciso che questa sarebbe stata la vostra professione?

BEATRIZ Da quando sono salita in moto per la prima volta.

SARA Direi che non ho ancora deciso quale sarà la mia professione, faccio questo da quando avevo 8 anni, mi sono dovuta fermare due volte per vari motivi, ma l’ho sempre fatto per passione, oltre alle tante altre cose che sto facendo. Al momento rimane una passione perché ho bisogno di lavorare per mantenermi.

VALENTINA Inconsapevolmente queste sono scelte che nascono da piccola e pian piano si trasformano fino a diventare realtà concrete.

C’è qualcosa a cui avete dovuto rinunciare?

BEATRIZ Ho sempre cercato di combinare tutto con il mio sport. Ma è vero che uscire a prendere un caffè con i miei amici mi è costato molto a causa dei miei impegni, motivo per cui ho dovuto rinunciare alla mia vita sociale.

SARA Rinunce direi di no, quando ero più piccola ed i miei amici decidevano di uscire a fare serata io preferivo andare in pista ad allenarmi, quindi non l’ho mai vissuta come una rinuncia. Poi alla fine sono scelte che si fanno, ma è anche una questione di organizzazione, se si vuole davvero si riesce a far conciliare tutto.

VALENTINA A molte cose, forse troppe da raccontare, ma sono scelte dettate dalla consapevolezza che per ottenere grandi risultati bisogna affrontare sacrifici.

Il ricordo più bello e quello più brutto della vostra carriera

BEATRIZ Il più bello è stato quando sono stata proclamata campione d’Europa, i momenti più brutti sono sempre gli infortuni.

SARA Il ricordo più bello è legato al circuito di Montmeló a Barcellona, in cui ho vinto una gara interamente sotto la pioggia, non ricordo l’anno ma ricordo la grandissima emozione. I ricordi più brutti sono due: le due volte in cui ho smesso di correre. La prima a causa di un infortunio, e mio padre non voleva più farmi gareggiare; la seconda invece perché non avevo un progetto che ritenevo valido e per questo ho scelto di rimanere ferma un anno.

VALENTINA – Il successo di squadra è in cima alla classifica delle cose belle da ricordare. La vittoria non è mai del singolo ma di tutte. Il momento più brutto, oltre agli attimi di suspence durante le cadute, è stato il secondo posto nella classifica generale l’anno scorso di Sara Sanchez. Ad ogni modo, siamo riuscite a trasformare l’accaduto in una vittoria. E’ bastato guardare a quello che eravamo riuscite ad ottenere in un anno dalla nascita di questo straordinario progetto!

Cosa consigliereste a chi si appassiona a questo sport?

BEATRIZ Di non mollare mai perché è uno sport molto bello.

SARA Il mio consiglio è di seguire il proprio cuore. Sappiamo che non ci sono molte ragazze in questo sport, quindi è difficile individuare un esempio da seguire. Però il fatto che non esista un Valentino Rossi in versione femminile non significa che una ragazza non possa aspirare ad essere Valentino Rossi! Può farlo, basta seguire il cuore e se si ha la famiglia al proprio fianco io direi: “Vai, vai e divertiti! Il resto viene da solo”.

VALENTINA Il consiglio è di non dimenticare che ci vuole molta dedizione per il lavoro di squadra. Perché ogni singolo elemento del team è indispensabile e i rapporti umani vanno coltivati!

Cosa vi augurate per il futuro? Un augurio per la vita privata e uno per quella professionale!

BEATRIZPer quanto riguarda le moto, vorrei diventare Campionessa della Coppa del mondo femminile; in termini di lavoro, vorrei lavorare come avvocato per una grande multinazionale.

SARA – Nell’ambito delle moto non saprei. Sto vivendo giorno dopo giorno perché si parla di mondiale, ma è ancora tutto incerto, non so quale sarà l’obiettivo per il 2024. Per il mio futuro professionale, invece sto studiando e spero di riuscire ad esercitare una professione attinente ai miei studi. Ancora meglio, se sarà in ambito sportivo motociclistico!

VALENTINA Non si svela per scaramanzia quello per la vita privata, ma so che il futuro riserverà al 511 Racing Team tante tante soddisfazioni professionali! Siamo già sulla buona strada… quella che probabilmente ci vedrà protagoniste in un Campionato di carattere mondiale.

Un pregio e un difetto delle due colleghe.

BEATRIZ Non trovo difetti, penso che siamo una grande squadra e sono molto felice di lavorare con loro.

SARA Non delle mie colleghe, parlo dei miei. Il mio difetto è quello di rimandare le cose, aspetto sempre l’ultimo momento per farle. Invece il mio pregio è che se mi metto in testa un obiettivo lavoro tantissimo fin quando non ottengo il risultato che mi ero prefissata.

VALENTINA Potrei scrivere un libro! Se devo scegliere il pregio, evidenzio il grande impegno al lavoro. Per il difetto invece, forse è che tutte crediamo troppo che i risultati valgano più di mille parole. Invece già raccontare al mondo, e con orgoglio, la strada che abbiamo percorso per ottenerli, può dare forza al vero significato di questo progetto “Riconoscere e valorizzare il talento delle donne nel motorsport”. 

Il filo biancorosso che lega il Basket Le Mura e icP

Il filo biancorosso che lega il Basket Le Mura e icP

Intervista alla capitana della squadra Maria Miccoli

Entusiasmo, grinta e passione. C’è tutto questo nelle parole di Maria Miccoli, da oltre due anni capitana del Basket Le Mura, la squadra di basket femminile che quest’anno, Industria Cartaria Pieretti ha deciso con orgoglio di sponsorizzare. I valori che per eccellenza identificano lo sport, come l’impegno, la collaborazione, la costanza, l’etica, la motivazione e la determinazione per raggiungere un risultato, del resto, sono molto vicini a quelli dell’azienda che sa guardare con fiducia alle future sfide da giocare.

Ecco quello che lega con un “filo biancorosso”, come il colore della maglia che veste Maria, il Basket Le Mura a Industria Cartaria Pieretti e che emerge chiaramente da questa intervista.

Perché in fondo, si può scendere in campo in tanti modi diversi… che sia sul parquet per andare a canestro e segnare il punto decisivo o attraverso scelte d’impresa per mantenere alta la qualità con attenzione all’ambiente e alla sostenibilità, ognuno gioca la sua grande partita. Al centro stanno la passione per il proprio lavoro, il desiderio di raggiungere gli obiettivi, la cura nel migliorarsi sempre, l’intenzione di creare un ambiente sano in cui ognuno possa esprimersi al meglio e, tramite il proprio contributo, possa ottimizzare gli sforzi e gioire per il risultato comune. Tutto questo è lo spirito di una squadra come il Basket Le Mura, ma anche di un team solido e proattivo come quello di Industria Cartaria Pieretti.

Maria, raccontaci un po’ di te. Da quanto tempo giochi a pallacanestro?

Ho iniziato da giovanissima con mia sorella gemella. Avevo solo 4 anni e ho continuato fino ai 19 nella squadra della mia città natale, Trieste. Quando la società ha riscontrato dei problemi ho capito di dovermi spostare e ho iniziato a trasferirmi un po’ in giro per l’Italia: questo è il quarto anno che gioco a Lucca.

A chi devi la passione per questo sport?

Vengo da una famiglia di sportivi. Ho avuto due zii che giocavano a pallacanestro mentre i miei genitori hanno sempre praticato altro: canottaggio e pallavolo.

C’è da dire però che ho condiviso questa passione con mia sorella gemella. Fino ai 19 anni abbiamo giocato assieme, poi lei si è concentrata più sullo studio e sul lavoro, ha fatto qualche anno in serie B e adesso è tornata in A2 a Trieste. A differenza di mio fratello che si è cimentato un po’ in tutti gli sport, io e mia sorella abbiamo provato il basket e ci è subito piaciuto molto.

Personalmente preferisco gli sport di squadra a quelli individuali: credo infatti che il gruppo abbia un grande valore. Siamo cresciute in una bella squadra di amiche. Negli anni, giocare e lavorare all’interno di un team ti arricchisce molto personalmente. Può essere difficile da un lato, ma dall’altro ti regala tante cose positive.

Cosa consiglieresti a chi si appassiona allo sport in generale?

Credo che il mio segreto per riuscire, dopo tanti anni, a restare nell’ambiente sia stato il volermi dedicare a più attività diverse, almeno finché ho potuto: impegnarmi a scuola, mantenere amicizie che non fossero per forza legate al basket, in modo tale da non far diventare lo sport il fulcro di tutta la mia esistenza. Poi, ovviamente, è arrivata un’età in cui ho dovuto fare delle scelte, ma il mio consiglio è quello di non focalizzarsi subito su una cosa: provare a mantenere aperte tante strade e saper gestire diversi ambiti.

Quand’è che alla fine hai deciso di mollare il resto e fare del basket una professione?

Finché sono rimasta a casa, a Trieste, non ho mai pensato che il basket potesse portarmi a girare l’Italia. Tra l’altro, usavo il compenso per continuare gli studi universitari. Lo sport era prima di tutto una passione che vivevo come professione. Quando poi ci ho riflettuto, ho capito però che non avrei mai potuto smettere di giocare.

C’è qualcosa a cui hai dovuto rinunciare?

Il fatto di dover vivere lontana da casa ti porta a rinunciare a tanti aspetti, come passare del tempo con la tua famiglia o con gli amici di una vita. Sacrifici che però non mi hanno mai pesato così tanto da rinunciare al basket. Poi è ovvio che, come in tutti gli sport, se vuoi fare bene, devi avere uno stile di vita di un certo tipo, curare l’alimentazione e il riposo… insomma, adottare una serie di comportamenti che fanno la differenza.

Per un periodo hai giocato a Lucca, poi ti sei allontanata e sei tornata. Com’è la tua esperienza a Lucca?

Sì, ho giocato qui l’anno dello Scudetto di Lucca e poi sono andata via per tre anni, durante i quali ho giocato un anno a Ragusa e due a Vigarano, vicino Ferrara. Post Covid, sono tornata a Lucca. Lucca è la seconda città nel mio cuore, prima c’è ovviamente Trieste. Adoro le cittadine non troppo grandi e qui c’è tutto a portata di mano: la montagna, il mare, la vicinanza con Firenze, il verde… insomma, a Lucca si vive proprio bene.

Se dovessi trovare un difetto a questa città?

Posso trovare un difetto personale. Sono lontana da casa e, a livello di trasporti, non è ben collegata quindi spesso fatico a tornare a Trieste. Anzi, se devo dire, torno davvero poco. Non abbiamo molti giorni liberi consecutivi e impiego 4 ore e mezzo di macchina per raggiungere Trieste.

Il ricordo più bello e quello più brutto della tua carriera?

Di bellissimi ricordi ne ho due. Lo Scudetto di Lucca e la promozione dall’A2 all’A1 a Trieste: sono stati forse i due anni migliori. A Trieste sono partita dalla serie B e poi, con le compagne di una vita, abbiamo fatto tutta la scalata fino all’A1. Purtroppo, poco dopo, la società ha avuto vari problemi. Così sono approdata a Orvieto e quindi a Lucca. A Lucca abbiamo vinto lo scudetto il primo anno in cui ero qua. È stato un anno intenso, ci allenavamo tanto, ma essendo alte in classifica c’era la voglia di fare sempre bene. Anche in quel caso, mi ha aiutato tanto il gruppo perché stavamo bene dentro al campo, ma anche fuori. Per questo siamo riuscite a giocarcela perfettamente.

Un ricordo brutto è stato l’anno di A1 a Trieste per come si è sfaldato tutto in un attimo, è stato davvero deludente.

Questa stagione come sta andando?

È un periodo difficile. Lo scorso anno abbiamo fatto una bella stagione al di sopra delle aspettative e quindi quest’anno ci si aspettava un po’ di più. Purtroppo, abbiamo affrontato diverse sfortune che ci hanno provate anche moralmente.

Qual è un sogno che ti piacerebbe realizzare?

Mi piacerebbe provare un’esperienza all’estero, in primo luogo come esperienza di vita. Sperimentare una cultura nuova, imparare a relazionarmi con persone che hanno tradizioni lontane dalle mie. E poi chiaramente mettermi alla prova in un contesto diverso anche in ambito professionale: la Francia e la Spagna, per esempio, hanno un alto livello di gioco nel basket.

IcP sulle due ruote del Withu 511 Racing Team

IcP sulle due ruote del Withu 511 Racing Team

La passione di icP per le due ruote non si ferma! E anzi, cresce con il supporto appena confermato a Withu 511 Racing Team, la prima squadra tutta al femminile. Presentata all’Enne20 di Milano, al centro del suo nome c’è proprio la lettera W: “W for Women, W for Win, W for Withu”. Il team infatti è composto solo da donne. Due saranno le pilote: Sara Sanchez e Jessica Howden. Donne anche le meccaniche, Lucrezia Greta Vercelloni, Alexia Papi, e Sylvie Corti. Donna anche la telemetrista Alessandra Mancini. Tutte, dopo aver lavorato con team maschili, hanno accettato con entusiasmo questa nuova sfida.
A coordinare la squadra sarà la team manager Sandra Stammova, una pilota con esperienza nelle gare maschili e di mental coach.
Il team parteciperà al campionato italiano supersport 300, uno dei più difficili e competitivi del CIV (Campionato Italiano di Velocità).